Copincollo da Vikipedia:
Edouard Schuré (Strasburgo, 21 gennaio 1841 – Parigi, 7 aprile 1929) è stato uno scrittore, critico letterario, poeta, storico e filosofofrancese.
Scrisse numerosi libri ma la sua opera più importante è Les grands initiés, ispirato dalla luminosa Marguerite Albana Mignaty, pubblicata nel 1889 e tradotta in molte lingue.
Tra gli incontri che influenzeranno la sua vita, oltre a quello con Rudolf Steiner, che conosce nel 1906 rimanendo affascinato dal suo pensiero, vi fu anche quello con Richard Wagner.
Ma da dove trasse queste informazioni sui Grandi Maestri spirituali dell'umanità?
Secondo alcuni dai "viaggi in Akasha" che – al pari, poi, di Steiner – compì in vita, ottenendo conoscenze inaudite e "impossibili" sui Tempi antichi.
Descrive Rama, con cui inizia il libro, come il "fondatore" leggendario della cultura dell'India antica. Ma non è certo qui la cosa "rivoluzionaria" che ci interessa: Schuré "osò" infatti una teoria a dir poco "improponibile", secondo la quale da giovane, prima di spostarsi in Oriente, Rama fu… un Druido delle foreste centro-europee!!!
La tentazione di associarlo alla "nostra" Rama leggendaria della Val di Susa, strettamente connessa alla Magia druidica e ad antiche tradizioni celtiche, è troppo forte!
Pubblichiamo pertanto l'inizio del libro di Schuré… [non si spaventi il lettore per l'evidente "razzismo" e le "assurdità" (ma ne siamo sempre sicuri?) che traspaiono dal testo].
LIBRO I
RAMA
(Il ciclo ariano)
Chiese Zoroastro ad Ormuzd, al grande Creatore: Qual è il primo uomo con il quale ti sei intrattenuto? Rispose Ormuzd: Il bel Yima, Colui che era alla testa dei Coraggiosi.
Gli ho detto di vegliare sui mondi che mi appartengono e gli ho donato un aureo gladio, una spada di vittoria.
E Yima si spinse avanti sul cammino del sole e riunì gli uomini coraggiosi nel famoso Airyana-Vaéja, creato puro.
(Zend Avesta, Vendidad-Sadé, u Fargard)
Oh, Agni! Fuoco sacro! Fuoco purificatore!
Tu che, dormi, nel bosco e ascendi in luminose fiamme sull'ara, tu sei ilcuore del sacrificio, l'ardito volo della preghiera, la scintilla divina celata in ogni cosa e l'anima gloriosa del sole.
(Inno Vedico)
1.
Le razze umane e le origini della religione
«Il Cielo è mio Padre, mi ha generato. La mia famiglia e tutta questa cerchia celeste. Mia Madre è la grande Terra. La sommità più alta della sua superficie è il suo utero; il Padre feconda il grembo di colei che è sua sposa e sua figlia.»
Così cantava, quattro o cinquemila anni fa, davanti a un altare di terra dove ardeva un fuoco di erbe secche, il poeta vedico. Una profonda divinazione, una consapevolezza grandiosa respira in queste strane parole che racchiudono il segreto della duplice origine dell'umanità. Anteriore e superiore alla terra è la divina immagine dell'Uomo; sovrumana, l'origine della sua anima. Ma il suo corpo è il prodotto degli elementi terrestri, fecondati da un'essenza cosmica. Nel linguaggio dei Misteri, gli amplessi di Urano e della Grande Madre simboleggiano la pioggia di anime e di monadi spirituali che scende a fecondare i germi terrestri; i princìpi organizzatori senza i quali la materia non sarebbe che una massa inerte e indistinta. La parte più alta della superficie terrestre che il poeta vedico definisce utero della terra indica i continenti e le montagne, culle delle razze umane.
In quanto al Cielo Varuna, l'Urano dei Greci, rappresenta l'ordine invisibile, trascendente, eterno e intellettivo che abbraccia tutto l'Infinito dello Spazio e del Tempo.
In questo capitolo, ci limiteremo a prendere in esame le origini terrene dell'umanità secondo le tradizioni esoteriche confermate dalla moderna antropologia ed etnologia.
Le quattro razze che attualmente si spartiscono il globo sono figlie di terre e zone diverse. In un susseguirsi di creazioni, come lente elaborazioni della terra in gestazione, i continenti emersero dalle acque del mare a lunghissimi intervalli di tempo che gli antichi sacerdoti indiani chiamavano cicli interdiluviani. Attraverso i millenni, ogni continente generò la propria flora e la propria fauna dando infine vita a una razza umana di diverso colore.
Il continente australe, inghiottito dall'ultimo grande diluvio, fu la culla della razza rossa primigenia di cui gli indiani d'America sono ciò che sopravvive degli esseri generati dai trogloditi che si rifugiarono sulle vette delle montagne quando il loro continente sprofondò in mare.
L'Africa è la madre della razza nera, che i Greci chiamarono etiopica. L'Asia diede vita alla razza gialla, che è sopravvissuta nei cinesi.
L'ultima arrivata, la razza bianca, uscì dalle foreste dell'Europa, fra le tempeste dell'Atlantico e il sorriso del Mediterraneo. Tutte le specie umane sono il risultato di mescolanze, combinazioni, degenerazioni o selezioni fra quelle quattro razze principali. Nei cicli precedenti, la razza rossa e quella nera regnarono successivamente, attraverso poderose civiltà di cui troviamo traccia nelle costruzioni ciclopiche come nell'architettura messicana.- Su quelle civiltà scomparse esistevano dati e tradizioni sommarie nei templi indiani ed egiziani.
Nel nostro ciclo domina la razza bianca e, se si calcola la probabile antichità dell'India e dell'Egitto, se ne può far risalire la preponderanza a sette od ottomila anni fa[7].
Secondo la tradizione braminica la civiltà sulla nostra terra avrebbe avuto inizio cinquantamila anni fa, con la razza rossa; sul continente australe, quando tutta l'Europa e parte dell'Asia erano ancora ricoperte dalle acque. In quelle mitologie si parla anche di una antecedente razza di giganti. In alcune caverne del Tibet sono state rinvenute ossa umane gigantesche che, per la loro conformazione, sembrerebbero appartenere più a scimmie che a uomini. Si collegano ad una umanità primitiva, intermedia, ancora vicina all'animalità, che non possedeva né un linguaggio articolato né una organizzazione sociale, né una religione: tre elementi che scaturivano sempre contemporaneamente; e questo è appunto il senso di quella straordinaria triade bardica che disse: «Tre cose sono primigeniamente simultanee: Dio, luce e libertà». Col primo balbettio della parola nasce la società e l'indistinta concezione di un ordine divino. È il soffio di Jehova nella bocca di Adamo, il logos di Ermete, la legge del primo Manu, il fuoco -di Prometeo. Nel fauno umano trasalisce un Dio.
Come già detto, la razza rossa occupava il continente australe, oggi inghiottito dalle acque; quello che Platone, secondo le tradizioni egizie, chiamava Atlantide. Un immane cataclisma lo distrusse in parte, disperdendone i resti. Numerose razze polinesiane, e come loro gli indiani del Nord America e gli Aztechi incontrati in Messico da Francisco Pizarro, discendono dall'antica razza rossa la cui civiltà, ormai scomparsa per sempre, ebbe i suoi giorni di gloria e di terreno splendore. E tutti questi miseri sopravvissuti, portano nel cuore l'inguaribile malinconia delle antiche razze che si estinguono senza speranza.
Dopo la razza rossa, il mondo fu dominato dalla razza nera, il cui prototipo superiore va ricercato non nel negro degenerato ma nell'abissino e nel nubiano che conservano lo stampo di quella razza pervenuta al suo apogeo. I neri invasero il sud dell'Europa, in epoche preistoriche e ne furono respinti dai bianchi. Il loro ricordo è totalmente cancellato dalle nostre tradizioni popolari, ma essi lasciarono due impronte indelebili: il raccapriccio per il drago emblema dei loro sovrani, e l'idea che il diavolo sia nero.
I neri ricambiarono l'insulto alla razza rivale creando bianco il loro diavolo. All'epoca della loro sovranità, i neri ebbero dei centri religiosi nell'Alto Egitto e in India. Le loro città ciclopiche costellavano le montagne dell'Africa, del Caucaso e dell'Asia Centrale. La loro società era organizzata come una teocrazia assoluta. Al vertice, una casta sacerdotale temuta e venerata; alla base, un brulichio di tribù prive di una vera e propria struttura familiare e in cui le donne non erano considerate che schiave. I sacerdoti erano profondamente addottrinati nel principio dell'unità divina dell'universo e nel culto degli astri che, sotto il nome di Sabeismo, si diffuse anche fra le popolazioni bianche[8]. Fra la sapienza dei sacerdoti neri e il grossolano feticismo delle masse non esisteva alcun tramite come, per esempio, un'arte idealista o una mitologia suggestiva. Per il resto, i neri non possedevano che notevoli cognizioni tecniche, soprattutto balistiche, che consentivano loro di spostare enormi masse di pietra; e di metallurgia, per cui fondevano i metalli in immense fornaci alle quali venivano adibiti i prigionieri di guerra. Per quella razza estremamente vigorosa e resistente, capace di profonda passionalità e dedizione, la religione non fu che il regno della forza attraverso il terrore. All'ingenua mente di quegli uomini, la Natura e la Divinità si manifestavano sotto la sembianza del drago, del terrifico animale antidiluviano che i sovrani facevano dipingere sui loro stendardi e i sacerdoti facevano scolpire sulle porte dei loro templi.
[continua…]
I medesimi Archetipi nel mondo moderno. I leggendari Eroi che uniscono Oriente e Occidente oggi! ;-)