Nella FOTO: la Sacra vista dal basso, e…
... l'altro versante della Valle – pressoché uguale…
si vedano gli articoli precedenti:
Esplorazioni a Ocelum col mio amico Mauro (part II)
Esplorazioni a Ocelum col mio amico Mauro (part I)
Altre leggende
Molto altro la Sacra può però riservare al pellegrino che vuole compiere questo viaggio; un viaggio che unisce due versanti di una valle, due luoghi in cui la leggenda e la storia si sono fuse per raccontare vicende e idee di uomini che hanno vissuto un loro particolare rapporto con il divino, siano essi celti, romani, longobardi o cristiani.
Un legame che attraversa la storia e il vuoto vertiginoso dello spazio definito dal monte Caprasio e dal Monte Pirchiriano che incombono sulle Chiuse di San Michele. Uno spazio vuoto, un precipizio di centinaia di metri, in cui secondo la tradizione popolare si gettò la bella Alda per sfuggire ai soldati di ventura; si sarebbe miracolosamente salvata, però, per soldi o per vanità, volle ripetere davanti a una folla di curiosi l’esperienza miracolosa. Ma questa volta si sfracellò malamente, non avendo più dalla sua parte la “mano divina” a salvarla.
Secondo altre leggende popolari che si sono prodotte e stratificate nei secoli nell’immaginario collettivo valligiano, la Sacra è stata teatro di sinistre e misteriosissime rievocazioni di battaglie medievali: alcuni testimoni, specie negli anni Ottanta, avrebbero nottetempo assistito alla processione e al clangore di spettrali cortei di anime medievali…
Ma questo monte panoramico fu anche un luogo d’osservazione privilegiato e da molti percepito come ottimale per assistere – o provare ad assistere – alle incredibili manifestazioni di luci misteriose (leggasi Ufo) che nel novembre del 1973 tutte le notti interessavano il cielo sopra l’altra montagna sacra della Valle, il Musiné, ben visibile da qui. Il Musinè, monte sacro e magico (part I)
Infine, una curiosità: per ambientare il suo capolavoro Il nome della Rosa, Umberto Eco ha forse preso spunto proprio dalla Sacra di San Michele, zona che conosceva bene perché nell'infanzia e nell'adolescenza trascorreva periodi estivi nella zona, presso parenti. Chiudiamo con le sue parole:
Come ci inerpicavamo per il sentiero scosceso che si snodava intorno al monte, vidi l'Abbazia. Pareva davvero che la roccia si prolungasse verso il cielo, senza soluzione di tinte e di materia e diventasse a un certo punto mastio e torrione, opera di giganti che avessero gran familiarità con la terra e con il cielo.